
La psicoterapia cognitivo-costruttivista per...
- Disturbi dell'umore
- Disturbi d'ansia
- Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati
- Disturbi correlati a aventi traumatici stressanti
- Disturbi dissociativi
- Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione
- Disturbi da comportamento dirompente
- Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction
- Disturbi della personalità
L’orientamento Cognitivo della psicoterapia nasce in tempi piuttosto recenti raccogliendo l’eredità e i contributi di differenti discipline come le neuroscienze e l’informatica. Questo approccio terapeutico nasce con l’intento di riabilitare il benessere nella persona mediante percorsi brevi, mirati alla risoluzione del sintomo patologico. Tuttavia nel corso del tempo sono emersi i limiti di questa impostazione terapeutica e per questo motivo, l’integrazione Costruttivista, definita anche “post-razionalista”, ha rivalutato l’importanza del significato che il sintomo riveste nella vita della persona e del mantenimento dell’identità personale. Il processo terapeutico è quindi rivolto alla comprensione della ciò che muove la sofferenza.
In quest’ottica la sofferenza personale è vista come una discrepanza rispetto agli abituali modi di sentire, pensare e comportarsi che irrompe nella vita dell’individuo, facendolo sentire bloccato e limitando le sue potenzialità espressive.
In questo processo il paziente è esperto del suo modo di sentire, dei suoi pensieri, delle sue emozioni e del suo sistema di conoscenza, mentre il terapeuta è un esperto dei metodi e degli strumenti che permettono un’analisi più approfondita del materiale al quale la persona non riesce a dare un senso e per il quale si è rivolta al professionista in cerca di aiuto.
Il primo obiettivo diviene quindi quello di esplorare e portare alla consapevolezza i modi con cui il paziente dà significato al proprio ambiente di vita e le esperienze salienti in cui queste modalità si sono strutturate. Raggiunto tale obiettivo, paziente e terapeuta si orienterano nel ricercare e sperimentare modalità e schemi alternativi, più funzionali, che permettano alla persona di riprendere il controllo sul suo percorso di sviluppo.
In quest’ottica quindi il terapeuta non è detentore di verità che il paziente deve assimilare: terapeuta e paziente giungono a conoscere e comprendere le cause della sofferenza attraverso un cammino “fianco a fianco”. Il paziente porta la propria esperienza personale a cui il terapeuta affianca le sue conoscenze scientifiche, solo così potranno emergere modalità espressive alternative, meno rigide e più “percorribili”, in grado di ridurre la sofferenza.